Le Terre di Mezzo

Da Spoleto a Roma

Viaggio nel Cuore dell’Italia attraversando le Terre di Mezzo

525 km 6700m disl+

In questo articolo:
(clicca sulla sezione)
– introduzione
– il diario di viaggio
– consigli e considerazioni di viaggio
– traccia gps scaricabile


 

“È sempre un pensiero vago e lontano che si fa largo a gran voce tra le preoccupazioni e le gioie della routine quotidiana a dare il là alla genesi dei miei viaggi. Cambieranno poi  mille e più tracce, moltissimi particolari e a volte pure certe destinazioni. Ma il viaggio comincia sempre con quell’esile pensiero che si fa strada grazie a un’intuizione,  a un’idea che arriva inattesa e improvvisa, anche solo da una lettura, dal verso di una canzone o da un servizio in tv. “

Così ho raccontato, per Impronte Magazine, la genesi dei miei viaggi in bici.

E così nasce il mio viaggio nelle Terre di Mezzo dell’Appennino centrale, tra Lazio e Umbria. Questa volta colpevole una lettura che mi ha ispirato: “Il Filo Infinito” di Paolo Rumiz. Una narrazione straordinaria sulle nostre origini di comunità italiana prima,  ed europea in seguito. Un lungo viaggio che dal cuore dell’Appennino italiano ha raggiunto i più lontani lembi d’Europa seguendo un unico filo conduttore.

Un filo intessuto dall’esperienza monastica benedettina, che nel corso dei secoli si è diffusa in tutta Europa. E che nel motto “Ora et Labora” ha seminato quel seme che, 1000 anni dopo, ha permeato la comunità di idee e culture alla base dell’Europa Unita di oggi.

E poi le Terre di Mezzo, oggi quasi del tutto dimenticate dalla logica del correre moderno. Frenesia che, nell’ultimo secolo, ha svuotato queste arcane terre delle sue genti e della sua profonda storia fatta di arte e cultura rurale. É questo il secondo motivo che mi ha portato alla scoperta di questi luoghi ameni. Il filo conduttore  di tutti i miei viaggi:  la ricerca delle nostre origini, nel senso più comunitario del termine. Vissuta rigorosamente a cavallo della mia bici.

Un viaggio che è parte du un itinerario complesso, già percorso in parte nella mia Lunga Via dei Fiumi. Una linea che vuole congiungere l’estremo Nord della Penisola con la parte più meridionale.

Questo viaggio parte da Spoleto, culla di arte e cultura rinascimentale. Arriva a Norcia e incrocia il Cammino di San Bendetto attraversando borghi e terre lontani dalle rotte classiche del cicloturismo in Italia. Infine l’arrivo a Roma lungo la Regina Viarum, l’Appia Antica in un salto lungo 2300 anni.

Un viaggio in cui tutti i trasferimenti sono stati fatti in treno, regionali ed Intercity tutti attrezzati al trasporto biciclette. Un test tutto sommato positivo, tanto che a Roma ho caricato la mia Arancione pure in Metro.

 



Il mio diario di viaggio

 

Giorno 1 Spoleto – Norcia
59km 860m disl+

Le alternative per questo percorso sono davvero poche. Il viaggio ho voluto partisse proprio da Spoleto proprio per percorrere la ciclabile della vecchia ferrovia Spoleto Norcia. A questa ciclabile ho dedicato un intero articolo che potrete leggere  in questo link.

Questa vecchia ferrovia di montagna è un piccolo capolavoro di ingegneria, che ancora si offre in quasi tutto il suo percorso originale. La Valnerina è un capolavoro della natura, percorso poi in autunno regala una tale varietà di colori da rimanerne incantati. Bellissimi anche i piccoli borghi arroccati sulle colline della valle: Sant’Anatolia di Narco,  Castel San Felice, Vallo di Nera, son tutte piccole deviazioni che meritano il tempo speso.

Purtroppo l’arrivo a Norcia è un gran pugno nello stomaco. La città ancora vive nell’emergenza del post sisma. io ci arrivo pochi giorno prima dell’anniversario di quel fatidico 30 ottobre 2016. Un lustro dopo il centro è ancora zona rossa, gli abitanti vivono ancora nei container della prima emergenza. E tutto ciò in una società che si definisce civile mi vien faticoso da accettare.

Le genti qui mantengono ancora una calma apparente. A guardarli negli occhi sembra più causa del discantò e della rassegnazione che non una forma di pace interiore.

 

Giorno 2 Norcia – Leonessa
57 km 1520m disl+

La partenza dalla piana di Norcia avviene di buon mattino immerso in una nebbia fittissima. Quasi volesse nascondere la vergogna che mi ha scosso il giorno prima. Purtroppo da subito sento la pedalata difficile, la bici pesantissima e le gambe dure. Una sensazione che mi accompagnerà purtroppo per l’intero viaggio. Le Terre di Mezzo qui non perdonano, la piana di Norcia termina subito e la scalata nel bosco di Santa Rita è difficile, tanto per il fondo sconnesso quanto per le pendenze abbondantemente in doppia cifra.  Scollino a quota 900m, oltre le nebbie e il sole si fa caldo a sufficienza per rincuorare un ciclista già stanco. Sto pedalando il Cammino di San Benedetto, dove nel limite del possibile cercherò di seguirne la traccia a piedi.

L’arrivo a Cascia, trasformata in un grande luna park della fede mi fa scappare in fretta. La valle di Roccaporena è il preludio ad una nuova ed insidiosa salita verso Monteleone. Il primo tratto in asfalto lascia poi il posto ad una forestale molto prostrata dagli eventi atmosferici. Si Spinge per qualche tratto e nella mia testa si fa spazio l’idea di aver tracciato forse un percorso poco adatto ad una bici carica.

L’arrivo a Monteleone di Spoleto (1000m) però cancella fatica e dubbi. Comune più alto dell’Umbria è un bellissimo borgo medievale. Ne mantiene ancora intatto l’impianto urbanistico.

La discesa nella Valle del Corno e la risalita verso Leonessa mi fa lasciare l’Umbria alla volta del Lazio. Arrivo a Leonessa (970 m) ormai alle prime luci della sera e, sempre complice il bar incontro Nazareno che corre a casa a prendere le chiavi della chiesa per farmela visitare e appormi il timbro del Cammino.

 

Giorno 3 Leonessa – Rieti
49 km 800m disl+

Eh si, la stanchezza mi attende anche oggi. Si parte col freschetto, del resto sono ai piedi del Terminillo ed il meteo appare incerto sul da farsi. Scollino lungo una vecchia strada il Valico di Torre Fuscello (1050 m). Da qui una lunga discesa di circa 15km verso Poggio Bustone (si il paese natale di Lucio Battisti). E qui  ci arrivo piuttosto infreddolito. Sopra al paesino mi attende padre Renzo Cocchi, frate minore che da tempo vive nel convento francescano di Poggio Bustone. Un caffè, una bella chiacchierata sui pellegrini 3.0 e si fa tempo di ripartire.

I chilometri che mi separano da Rieti non sono molti, ma un paio di saltella belle toste rendono tutto più difficile. La prima verso il Borgo di Cantalice, dove mi chiedo come facciano le case a rimanere ancorate su quel costone della collina. La seconda è un tratto a sponda nella fanghiglia verso il Santuario di Santa Maria della Foresta.

Da qui non resta che una leggera discesa verso Rieti, dove mi godo un panico con porchetta e cicoria in strada degno di essere ricordato anche oggi. Rieti mi accoglie sulle sponde del fiume Velino e con i resti del ponte romano che di poco affiorano dalle sue acque.

 

Giorno 4 Rieti – Orvinio
56 km 900m disl+

Parto da Rieti di buon mattino. Il tempo oggi minaccia pioggia e le prime gocce mi raggiungono appena fuori del paese. L’umore è basso, nonostante il giorno di riposo che mi sono concesso a Rieti. Capisco subito che le gambe difficilmente gireranno anche oggi. La  pioggia mi impone i primi cambi di traccia. Verso Rocca Sinibalda pedalo su asfalto e la pioggia diventa davvero forte.  Arrivo a Posticciola fradicio come un pulcino e la lieve salita verso al diga del lago Turano mi sembra lo Stelvio con la neve.

Colle di Tora (530 m) e Castel di Tora (650 m) mi accolgono con alcuni sprazzi di cielo sereno, l’animo si rinfranca tanto da permettermi di godere del panorama sul lago del Turano, davvero particolare. La  pioggia diminuisce e decido di riprendere la traccia sterrata verso Orvinio. Errore madornale. Tre chilometri nel fango, bici compromessa, catena che salta, ruote che si bloccano e mi costringono a togliere la palta con le mani. Le scarpe ormai non le vedo più, sono un enorme mucchio di fanghiglia. Spingo la bici per un paio di chilometri sperando che, tornato sulla strada, diventi tutto più semplice. Fortunatamente a Pietraforte una fontanella mi permette di pulire la trasmissione ed affrontare i 5 km di salita verso Pozzaglia senza particolari problemi.

Raggiunta Pozzaglia Sabina (880m) la salita è finita… e pure io. Gli operai del comune mi prestano una lancia dell’acqua per pulire la bici dal fango che è ovunque. La discesa verso Orvinio decido di farla sulla strada asfaltata. L’arrivo a Orvinio nonostante fatica e maltempo è una bellissima sorpreso. Borgo bellissimo arroccato tutt’attorno al castello è un piccolo dedalo di viuzze, regno incontrastato di colonie feline che mi guardano curiose.

 

Giorno 5 Orvinio – Subiaco
54 km 800m disl+

Parto di buon mattino e su consiglio dei local mi tengo sulla strada principale. La pioggia di ieri ha reso difficile seguire l’itinerario che mi ero preparato. La discesa corre veloce verso Licenza prima e Vicovaro poi. Finita la discesa il tempo mi regala un bel sole caldo. Vorrei seguire le rive dell’Aniene lungo un bel single track fino a Subiaco ma, finisco con l’impantanarmi subito. Dietrofront e si percorre la valle del Giovenzano alla volta di Cerreto Laziale.

Devo scalare la piccola catena di monti sulla mia sinistra per tornare verso Subiaco. Una bella salita di circa 4 chilometri con pendenze a due cifre che si dimostra tutt’altro che banale. La discesa da Cerreto Laziale mi regala un intermezzo fuori programma. Una salita secca di circa un chilometro al 28%. Spingo la bici e recupero un pochino di fiato nell’ultima picchiata su Subiaco. Ci arrivo ad ora di pranzo, sfinito come oramai d’abitudine in sti giorni.

Fortunatamente l’occasione è buona per una visita al santuario Benedettino del Sacro Speco. Me la guadagno con altri 3 km di salita in bici. rimango a bocca aperta nell’ammirare quanta bellezza questo monastero incassato nella roccia regala. Le Terre di Mezzo sono la culla del monachesimo Benedettino, che gettò nei secoli le fondamenta del moderno concetto di Europa Unita.

La sera crollo, più stanco che soddisfatto.

 

Giorno 6 Subiaco – Collepardo
50 km 1250 m disl+

Riparto di buon mattino da Subiaco, sfioro nuovamente il Monastero di Santa Scolastica e il Sacro Speco. Stavolta però mi inoltro nella stretta valle dell’Aniene, lungo un bellissimo e con modo sterrato che segue il corso del fiume. I colori dell’autunno e gli spettacolari scorci regalati del corso del fiume sono di una bellezza che mi lascia senza fiato.

Sto pedalando nel Parco Regionale dei Monti Simbruini, a cavallo delle province di Frosinone e Roma. La valle si apre a pochi chilometri da Trevi nel Lazio, un meraviglioso borgo medievale aggrappato sulla sommità di una collina. Qui i Monti Simbruini mi danno un coloratissimo benvenuto e tra le chiome colorate dei lecci scorgo la linea della salita che mi aspetta.

L’ascesa verso gli Altipiani di Arcinazzo (900m slam), una volta ancora, sottolinea la mia scarsa condizione fisica. Queste Terre di Mezzo son tutt’altro che scontate da percorrere. Raggiunto l’Arco di Trevi (quel che resta di una dogana di età romana) mi prendo un pò di tempo per tirare il fiato e riposare un pochino. La discesa verso Guarcino è solo un ‘intervallo prima dell’ultima ripidissima ascesa verso Vico nel Lazio. Altro meraviglioso borgo di stampo medievale. Arrivo a Collepardo con qualche goccia di pioggia.

 

Giorno 7 Collepardo – Roma
25 km e trasferimento in treno

Ancora di buon mattino sono profondamente indeciso sul da farsi. Cassino, la meta, è ormai a due giorni di distanza. Ma pedalare in queste condizioni è più uno strazio che un piacere.

La decisione diventa per tanto inevitabile. Deviazione verso Frosinone per rientrare in treno a Roma. Prima però una piccola deviazione per visitare il Pozzo d’Antullo. Un’enorme dolina carsica appena fuori Collepardo.

Lascio le Terre di Mezzo con animo stralunato e un pò deluso. Il fuori programma del regionale che da Frosinone mi porta a Roma non è un addio, bensì  un mesto arrivederci alla prossima primavera.

Pedalare l‘Urbe è sempre un piacere straordinario, e anche la pioggia che mi sorprende nel pomeriggio non attenua la bellezza di questa splendida città. Alla faccia di chi afferma che a Roma non la si può percorrere in bici. L’occasione è buona per provare anche “l’ebrezza” di usare la metro con la bici. In un sol colpo ho sfatato il mito di Roma nemica delle bici.

Per la notte sono ospite da Riccardo che mi regala casa sua per due notti di seguito. Un’ospitalità straordinaria!

 

Giorno 8 Roma e l’Appia Antica
70 km 800m disl+

Roma l’ho pedalata diverse volte ormai. Oggi decido di lancioargmio verso i Castelli Romani. Con la Metro C lascio Roma senza scontrarmi col traffico delle consolari. Prima di Frascati la strada sale con pendenze non impossibili fino al Belvedere di Albano laziale (400m slm). Qui è difficile non fermarsi per godere la bellissima vista sul Lago Albano, di chiara origine vulcanica. Ma soprattutto, l’occasione è troppo ghiotta per non fermarsi ad Ariccia per un panino con la tipica porchetta.

La discesa fino a Frattocchie (seguendo i segnavia della Francigena del Sud) è il preludio di quella che conserverò nel cuore come un’esperienza unica. 30 km verso Roma lungo le meraviglie e i millenari basolati dell’Appia Antica. 30 km percorsi letteralmente a passo d’uomo, pedalando in un’estasi di storia, arte e cultura che ha reso grande Roma nei millenni. Difficile raccontare le emozioni dell’Appia Antica in poche righe. Ho preferito dedicarle un intero articolo che renda seriamente merito delle sue meraviglie.

Lasciare Roma è sempre difficile per me. Alla stazione Termini prendo un Intercity che mi permette di trasportare le bici. La direzione è casa. Strana coincidenza: il treno ripercorre per buona parte il mio itinerario nelle Terre di Mezzo. Ho così l’occasione di riguardarmele stavolta seduto comodamente.

 



Considerazioni

Questo mio viaggio nelle Terre di Mezzo dell’Appennino ha, per buona parte, percorso le rotte del Cammino di San Benedetto. Il Cammino da solo vale il viaggio, a piedi o in bicicletta. É un percorso che comunque richiede buona condizione fisica e assolutamente da non sottovalutare.

Ma non scoraggiatevi per questo. Le Terre di Mezzo sono uno condensato di storia, arte e cultura che ho personalmente respirato ad ogni pedalata. Borghi meravigliosi, una natura fantastica e poco, pochissimo traffico anche sulle strade asfaltate. Un’esperienza che ho vissuta in solitaria e che mi ha  regalato mille e più spunti di riflessioni. Difficoltà a parte,  credo questo sia stato uno dei viaggi tra i più “intimi” che abbia percorso finora.

 



Scarica QUI la traccia del percorso